Robotica educativa autismo: i robot sociali come aiuto nella terapia per l’autismo

Robotica educativa per l’autismo: come possono i robot sociali fornire un aiuto nella terapia per l’autismo?

Nel corso dell’ultimo decennio sono stati condotti numerosi studi sull’applicazione della robotica nel campo della disabilità. Una sezione rilevante degli studi si è focalizzata sull’utilità delle tecnologie robotiche nello stimolare le abilità deficitarie nella Sindrome dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder – ASD), dando conferma di come i robot sociali possano fornire un aiuto nel creare una comunicazione con il bambino autistico, favorendo l’attenzione e il contatto oculare e la messa in atto di nuovi comportamenti sociali.

Robotica educativa per l’autismo: una panoramica

Il disturbo dello spettro autistico si riferisce a un disturbo dello sviluppo neurologico caratterizzato da difficoltà con la comunicazione sociale e l’interazione sociale e modelli limitati e ripetitivi in ​​comportamenti, interessi e attività (APA). L’autismo rappresenta una sindrome molto complessa e, poiché le sue manifestazioni sono molto varie, è più appropriato parlare di “spettro autistico”.

Alcune caratteristiche comuni tra i bambini affetti da autismo sono: la difficoltà nell’interazione con l’altro e nella comunicazione; manifestazione anomala delle emozioni, difficoltà o incapacità di riconoscere le emozioni negli altri e di adattare di conseguenza il comportamento; difficoltà nella produzione verbale e non verbale; interessi ristretti, comportamenti e abitudini ripetitivi.

L’impiego dei robot sociali per il trattamento degli specifici sintomi dell’autismo sta riscuotendo sempre un maggior consenso da parte della comunità scientifica.

Il primo robot sociale impiegato nella terapia per l’autismo si chiamava Kaspar ed è stato progettato da ricercatori inglesi dell’università dell’Hertfordshire; si trattava di un robot con le sembianze di un bambino, dalla tecnologia semplice: sorrideva, salutava e abbracciava. Grazie al fatto di essere ripetitivo e poco espressivo, risultava rassicurante per i bambini autistici. A Kaspar si sono succeduti altri robot, come NAO, in grado di apprendere da dati acquisiti direttamente su ciascun bambino attraverso i video delle loro espressioni e dei gesti e registrazioni fisiologiche come la frequenza cardiaca.

La ricerca sulla robotica educativa per autismo è giunta anche in Italia: il RobotiCSS Lab (Laboratorio di Robotica per le Scienze Cognitive e Sociali) del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca è dedicato allo studio del ruolo della robotica nell’ambito delle scienze cognitive e sociali. L’elemento innovativo della loro ricerca è nella scelta di usare i robot non solo come strumenti di terapia e riabilitazione, ma anche e soprattutto come strumento conoscitivo, per apprendere maggiori informazioni sul funzionamento della mente dei pazienti autistici. «I bambini autistici infatti», ha spiegato Edoardo Datteri, ricercatore e coordinatore del RobotiCSS Lab, «si lasciano ingaggiare più facilmente dai robot, perché questi sono emotivamente meno ricchi degli esseri umani e questa loro povertà emotiva li intimorisce di meno. E più facile quindi che si instauri una relazione tra di loro».

Robotica educativa autismo, i benefici dei robot sociali

Dagli studi che si sono succeduti negli anni, è emerso che i robot migliorano le competenze sociali dei bambini autistici. Per i bambini affetti da autismo, l’interazione con le altre persone è disorientante, anche a causa della variegata espressività del volto umano; interagendo con una persona, il bambino autistico viene a contatto con numerosissimi segnali sociali (le espressioni facciali, i gesti, la tonalità della voce) per lui difficili da interpretare. Il robot sociale diventa quindi una sorta di intermediario, affidabile e prevedibile per il bambino.

Secondi gli studi, i bambini autistici riescono a mantenere il focus per maggior tempo sui robot, senza distrazioni da parte di difficili segnali, e mantengono il contatto oculare con loro per più tempo rispetto a come farebbero con un umano.

Il sostegno dei robot sociali è risultato più efficace di altre terapie “tecnologiche”, come i videogiochi o le app: il robot incentiva l’interazione, indispensabile affinché esso funzioni. A differenza di altri strumenti come i software, che catturano completamente l’attenzione dei bambini, i robot umanoidi facilitano le naturali interazioni persona-persona.

La robotica sociale secondo Omitech

Omitech ha sviluppato Vivaldi, l’intelligenza artificiale che permette di programmare i robot adattando il loro comportamento al contesto che li circonda ed alle azioni dell’uomo; leggi altri nostri articoli che potrebbero interessarti sulla robotica sociale (lo sviluppo dei robot socialmente interattivi), sulla sperimentazione PoC e sui cobot.

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